Nei secoli passati la biblioteca era strettamente legata allo scriptorium: ogni abbazia possedeva i testi che i monaci trascrivevano al suo interno.
Copiare libri era una necessità, perché aveva come scopo non la produzione di opere d’arte, quali poi effettivamente molti codici sono diventati ai nostri occhi, ma di strumenti utili ai monaci per il proprio cammino spirituale.
Tra questi i principali erano la Bibbia, la Regola, il libro degli usi, il messale, il salterio, l’innario, il collectario, il lezionario, l’antifonario e il graduale.
Ogni monastero doveva essere autonomo in tutto, anche nella produzione libraria a partire dalla concia delle pelli fino alla rilegatura.
Un monastero grande poteva produrre ogni anno due o tre codici miniati.
Riguardo all'Abbazia di Morimondo conosciamo tre inventari della biblioteca, di cui il più antico è stato redatto per la maggior parte prima del 1172 e riportava cica 90 codici.
La caratteristica della produzione libraria di Morimondo risiede nella precisa grafia dei manoscritti, nella qualità della pergamena, nella veste editoriale particolarmente curata, nelle iniziali decorate e figurate, uniche per la loro fattura e molto distanti dai canoni di sobrietà dettati da San Bernardo.
Nessun codice è presente nell'abbazia e la Fondazione da alcuni anni si sta dedicando alla lenta ricostruzione virtuale dello scriptorium.
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