Quarta fondazione italiana e prima in Lombardia, la chiesa abbaziale di Morimondo si scosta da tutte le altre edificazioni cistercensi del XII secolo.
L’aver dovuto posticipare fino al 1182 gli inizi dei lavori di edificazione della chiesa, ha fatto sì che si fruisse delle esperienze delle abbazie iniziate prima e terminate in poco tempo.
La grande differenza con le altre abbazie cistercensi consiste essenzialmente in un maggior slancio dato dalle navate con volte a ogiva secondo il nascente stile gotico.
Per meglio comprendere la sua bellezza, diamo una breve descrizione
Già dall’esterno la chiesa di Morimondo si caratterizza per il suo stile tipicamente cistercense con contorni netti e geometrici, particolarmente accentuati nella forma rettangolare dell’abside, che permettono di individuare la distribuzione delle navate, la pianta a croce latina e nel trasetto la presenza di due cappelle per braccio.
All'incrocio del transetto con la navata centrale s'innalza un tiburio ottagonale. Questa piccola torre campanaria, secondo la regola cistercense, conteneva una sola campana, la cui corda pendeva attraverso un foro della volta nell'antico coro dei monaci, al centro della chiesa.
La facciata “a vento” è sporgente nella parte alta al di sopra del tetto con caratteristiche finestre aperte verso il cielo, che danno un senso di leggerezza ed eleganza, per l’accostamento del colore del cielo, sempre diverso, con il rosso dei mattoni.
Nella parte alta la facciata è decorata da bacini ceramici policromi, disposti a croce: elemento decorativo tipico dell’arte romanica in Pianura Padana, probabilmente essi testimoniano le attività benefiche dei monaci a favore di mendicanti e pellegrini, ai quali offrivano cibo e ospitalità.
Intorno al perimetro esterno gira una fascia di archetti pensili, motivo tra i più caratteristici dell’architettura lombarda del tempo, forse simbolo della comunione dei santi.
L’interno presenta la particolare essenzialità cistercense, totale mancanza di decorazioni, armonia delle proporzioni ed eleganza nelle opere murarie nonostante la povertà dei materiali.
L’architettura denuncia un’influenza gotica nell’elevazione, nell’uso della volta a crociera e dell’arco a sesto acuto, sebbene la presenza di archi a tutto sesto e di possenti colonne documentino il persistere di un legame con la tradizione romanica.
Le navate sono divise da colonne di diversa forma sopra le quali si ergono colonnette poggianti su capitelli di pietra chiara lavorati in vari modi.
La parte absidale, non più corrispondente al disegno originario, è stata sopraelevata per volere di San Carlo, poco dopo la visita pastorale del 1573, e ulteriormente decorata nel Settecento con il rifacimento dell'altare marmoreo.
Appartengono al primitivo impianto la scala, che anticamente portava al dormitorio, e la porta, che mette in comunicazione la chiesa con il chiostro, detta dei monaci coristi.
Come opere d’arte degne di nota, oltre al coro ligneo e ai dipinti, dei quali si dirà in seguito, troviamo, entrando in chiesa sulla destra, l'acquasantiera formata dall‘originario lavabo del chiostro del secolo tredicesimo-quattordicesimo e, in una nicchia sempre alla destra, il crocifisso ligneo da datarsi alla seconda metà del secolo quindicesimo, attribuibile forse a un maestro toscano.
La porta che immette alla sacrestia presenta tutto attorno una pregevole decorazione in terracotta con motivi rinascimentali da ricondurre ai modelli eseguiti dal Bramante durante il suo soggiorno milanese alla fine del Quattrocento.
In linea di massima tutte le opere decorative e strutturali eseguite tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento sono state commissionate dai monaci fiorentini della Badia di Settimo, inviati da Giovanni de’ Medici, abate commendatario, nell'ambito di un grande progetto di riforma.
Entrando nella chiesa, la luce e lo slancio delle arcate portano lo sguardo verso l’alto e il colore dei mattoni dà un senso di calore e di accoglienza.
Colpisce nelle giornate di sole la presenza della luce sotto forma di fasci e non in forma diffusa: in questo modo, centro dell'attenzione diviene la luce stessa e non ciò che essa illumina, così da portare il pensiero alla luce soprannaturale di Dio che illumina l'anima.
Nella sua struttura muraria si possono notare molte imperfezioni e asimmetrie, che, se comprese, trasformano l’architettura in un vero e proprio linguaggio spirituale.
Elenchiamone alcune:
Queste particolarità sono presenti non per mancanza di precisione dei costruttori, ma, si dice, per richiamare sempre al monaco che solo Dio è perfetto e per far memoria della molteplicità del creato e della fantasia del Creatore.
Riguardiamo con questo spirito alcuni elementi della chiesa:
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